L’ARREDAMENTO della camera del cuoco in “Shining” (“The Shining”, r. di Stanley Kubrick, 1980, USA, UK) è molto significativa. Due ZOOM OUT scoprono i due lati della stanza. Il desiderio kubrickiano di avere le fonti di ILLUMINAZIONE in campo, insieme all’attrazione per la simmetria, lo portano, poco realisticamente, a collocare ben quattro paralumi ai quattro angoli. Il dato significativo però sono i quadri alle pareti. Esse rimandano alla sua negritudine. Il cuoco è un “nemico” dei “fantasmi del passato” dell’hotel. Grady, l’antico custode, lo apostrofa con le parole, pronunciate come insulti, di “cuoco, nero”. L’unica persona che lo aiuterà, facendogli trovare un gatto delle nevi, sarà un altro nero (nella versione statunitense). I poster sottolineano dunque la sua orgogliosa appartenenza “etnica”. Che non può essere ben vista dagli abitanti invisibili dell’Hotel, rappresentanti del vecchio ordine bianco.
“Il linguaggio cinematografico” (autore: Michele Corsi, Hoepli editore, Milano, 2022).

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